Editoriale di Ivana Caliendo
Quando i giornali non sono strumentalizzati da amministratori, direttori e proprietari asserviti al potere politico, fanno un’opera utile. Denunciare irregolarità e abusi è un dovere per ogni vero giornalista. Il problema di fondo è che, alla fine, si conclude ben poco o nulla. Si grida tanto: Al lupo! Al lupo! Ma il lupo non lo si prende mai. Tant’è che continua a fare tutto quello che vuole. Questo è vero! Ma noi non vogliamo certo fare la fine del povero pastorello, che è stato mangiato dal lupo cattivo. Anzi…. In Italia, come nel resto del mondo, i giornalisti veri informano, denunciano, segnalano. In pratica, non guardano in faccia a nessuno e non si piegano mai. Sì, perché il compito dei giornalisti è quello di informare la collettività, di andare sotto la superficie delle cose, vedere cosa ci sia dietro le comunicazioni ufficiali, capire quali siano gli interessi pubblici o privati in gioco. Ad esempio, sia i governi nazionali che le amministrazioni degli enti locali, che si sono succeduti nel tempo, non si sono mossi nell’interesse della collettività. In altre parole, quella della stampa dovrebbe essere un’azione di stimolo e di critica costruttiva, che va letta in senso positivo. Non si intende essere giustizialisti. Per questo ci sono la magistratura e le Forze dell’Ordine. Ma i giornalisti qualche volta devono essere utili agli organi dello Stato o alle opposizioni o ad altri soggetti che riescano a trarre elementi dalla stampa per procedere legalmente. Molto bene! Che si vada avanti! Il problema in Italia è che spesso i giornalisti liberi diventano oggetto di invidie da parte dei colleghi che sono piegati a novanta gradi ai loro amministratori, direttori e proprietari. Costoro sono a, loro volta, collusi al potere politico. Questi giornalisti non capiscono che l’invidia e le maldicenze sono sorelle e discreditano chi ha coraggio solo perché loro sanno essere deboli col forte e forti coi deboli. Così, è più facile sbattere in prima pagina il drogato disperato, il furtarello dell’extracomunitario e le violenze varie (sempre che riguardino poveri cristi, si intende), l’importante è che il tutto non tocchi mai veramente chi è potente. Guai se una notizia dovesse riguardare qualcosa di veramente pesante per il proprio amministratore, editore o proprietario che, per giunta, per i loro quotidiani spesso attingono dai finanziamenti pubblici, dai soldi nostri! Talvolta avviene pure che, per salvare la faccia del giornale, amministratori, editori, proprietari e politici al potere vengono lievemente scalfiti da attacchi blandi o critiche formali mai sostanziali. Nulla che possa intaccare veramente i loro interessi. Tutto per poter permettere ai burattinai dell’informazione (che spesso sono proprio editori, amministratori, proprietari e politici) di continuare a manipolare l’opinione pubblica vestendosi di una ipocrita veste di imparzialità. La verità è che, per colpa degli schiavetti mediatici, spesso si ha un’ informazione deformata che attacca veramente solo chi non piace ai burattinai del sistema per determinare cambi di poltrone e di uomini nei governi e nelle amministrazioni degli enti. Così l’opinione pubblica viene vergognosamente ingannata.
È come se questi giornalisti invidiosi, schiavi del sistema, fossero affetti da un vero cancro che corrode le ossa, infesta l’anima …… ammazza ed uccide. E uccide chi invidia, ma prova ad annientare anche coloro i quali sono invidiati. Sì, perché il passo fra l’invidia e la calunnia, spesso è molto breve, quasi inesistente. Per dirla in breve, l’invidioso non sa svolgere una sana competizione basata sul merito, allora scredita, getta fango e veleno. Occorrerebbe che certi personaggi facessero una seria analisi di coscienza, si rendessero conto di quel che stanno commettendo di negativo e si convertissero ad un giornalismo, che non sia libero solo in apparenza, ma lo sia nella sostanza. Anche Marco Travaglio mette il lettore in guardia sostenendo, amaramente, che i giornalisti italiani stanno diventando non “cani da guardia”, ma “cani al guinzaglio” del potere.