di Antonio D’Acunto
Pur in un contesto critico, quale è il presente contributo, profondamente sbagliato sarebbe non vedere il nuovo del Governo Monti rispetto al precedente di Berlusconi, a partire proprio dalla immagine del nuovo Presidente, del suo stile e del suo rapportarsi agli altri, e dalle molte qualificate Personalità che lo compongono. Ciò, infatti, ha già in sé una rilevante valenza perché porta ad escludere, almeno per il futuro prossimo, l’intreccio perverso che ha caratterizzato questi anni tra Questioni di Giustizia e Politica, tra interessi privati e scelte istituzionali . Ora la degenerazione politica del modello e del conseguente sistema Berlusconi ha determinato l’anomalia, perché naturalmente tale essa è in un sistema democratico, di un governo “tecnico”, non eletto dal popolo e sostenuto da forze politiche che per loro natura dovrebbero essere alternative. Il paradosso, in questa fase però sicuramente tutto positivo, è che il non politico del governo tecnico riporta al confronto tutto politico sulle scelte che si propongono e vengono fatte, oscurate e confuse con il passato governo dalle vicende personali e giudiziarie del Presidente del Consiglio; vengono così chiaramente alla Luce del Sole le scelte delle forze che erano alla opposizione, sia quelle del Centro sia quelle riformatrici, presenti in Parlamento, del PD e dell’ IdV. Ciò aiuta tutti, anche la Società Civile, l’Associazionismo ad esprimersi compiutamente e ad aprire fronti di iniziative e di lotte, rispetto ad un quadro finora sostanzialmente ristretto alle potenti voci della sola Confindustria e in misura minore dei Sindacati maggioritari.
Le voci critiche rispetto ad indirizzi di forze riformatrici erano strumentalmente lette quasi come indiretto sostegno a Berlusconi ed al suo Berlusconismo!
Così, quasi sotto silenzio sono passate scelte – dal nostro punto di vista di ideali e valori – gravissime, di natura ambientale, culturale, sociale, di attacco a conquiste storiche del movimento ecologista, democratico e progressista. Prima di ogni riflessione sul futuro, è quasi obbligo morale che deve vederci tutti impegnati, fare un bilancio organico di come e di quanto sia arretrato il nostro Paese in questi anni: la Costituzione calpestata nel cuore del suo ripudio alla guerra; il diritto allo studio per tutti, svilito; l’offuscamento degli immensi contenuti della conquista della Riforma Sanitaria imperniata sul diritto alla salute per tutti e sulla salute che non si vende; l’attacco frontale allo Statuto dei Lavoratori; la privatizzazione del grande patrimonio pubblico, “Bene Comune della Collettività” – la svendita della nazionalizzazione di servizi pubblici fondamentali come quelli dell’ENEL e della SIP con l’attivazione di un gioco al massacro per impossessarsi delle “frequenze” ovvero dell’Etere, lo spazio fisico in cui viviamo; la devastazione di dune e litorali; i “condoni” di ogni tipo; le scelte di politica urbanistica che hanno favorito l’ulteriore saccheggio del territorio; la politica degli inceneritori; le spese abnormi e mai conteggiate per l’infausta opzione nucleare annichilita dal referendum popolare; la drastica riduzione degli incentivi nel conto energia per le fonti rinnovabili con una riduzione del 50-60% rispetto al 2007; l’assenza di ogni politica di tutela della Biodiversità; le posizioni assunte dall’Italia sul Clima, sul protocollo di Kyoto; nei diversi summit internazionali sull’ambiente; e, purtroppo si potrebbe continuare per molto altro!
Che cosa ci dobbiamo attendere, ovvero che cosa farà il nuovo Governo? E’ ipotizzabile una reale inversione rispetto a quanto avvenuto fino ad oggi?
Le dichiarazioni programmatiche enunciate in Parlamento sembrano non parlare in tale direzione; esse appaiono invece principalmente come un messaggio di rassicurazione al mercato finanziario ed aprono chiaramente la questione di fondo, per certi aspetti epocale, da lungo tempo strutturalmente sottesa, ma mai dichiaratamente esplicitata: la qualità del programma ed il buon governo devono essere orientati e poi misurati in rapporto agli spreads, alle richieste del mercato finanziario, o in rapporto alla qualità ed alla ricchezza vera ambientale, culturale, sociale che essi si propongono e poi, attuandole, danno al Paese? Allen Sinai, fidato consulente di Ben Bernanke, Presidente della FED (la Banca Centrale degli USA), appena Monti ha avuto l’incarico, ha con l’anticipo dovuto, indicato, quasi prescritto le cose che Monti dovrà fare e che sono state al centro delle sue dichiarazioni programmatiche: “affrontare il problema dell’alto deficit e debito e affrontare gli ingenti impegni di rifinanziamento per il prossimo anno” e per fare cio’, “e’ necessario innanzitutto tagliare la spesa pubblica” in modo “selettivo” per “minimizzare gli effetti recessivi sulla crescita, ridurre gli sprechi dell’apparato statale e sanarne le disfunzioni”. Ma anche “riformare le pensioni”. E non basta. Altra priorita’ “sono le privatizzazioni, bisogna vendere asset di societa’ pubbliche”.
Queste sono in realtà le scelte di fondo del governo Berlusconi, quelle che già ad agosto ufficialmente hanno chiesto Trichet e Draghi della BCE (Banca Centrale Europea) , e che chiede la Confindustria con la Marcegaglia. A governare l’Italia, ma non solo Essa, è in maniera sempre più crescente il grande sistema bancario internazionale, che non agisce più come ieri solo a livello di un fortissimo condizionamento – ed in sistema fondato sul mercato difficilmente è pensabile che ciò non avvenga – ma detta oggi esplicitamente le regole e le cose da fare. Per esso, un buon governo, affidabile ed efficiente, è quello che attua compiutamente tali regole e fa tali cose.
La crisi si presenta così sempre più nella sua vera genesi strutturale di fortissima accelerazione di trasferimento e di conseguente concentrazione del potere nel sistema e nei grandi gruppi finanziari. Con la crisi, già fino ad oggi tutto si è mosso e si è concretizzato nella direzione di maggior potere e possesso del privato e di spoliazione del pubblico: possiamo pensare o meglio calcolare in moneta corrente quanto oggi sia più povero lo Stato per il patrimonio che non ha più e a che cosa succederà quanto ad esso tutto sia stato tolto e dato al privato?
Lo svolgimento di questo percorso della crisi è contestualmente un percorso tragico per la democrazia, quale forma politica di governo reale del Paese. Riportiamo tale considerazione alla semplicità del ragionamento di una democrazia reale: se, non egoistici e particolari interessi di gruppi e lobbies, ma la maggioranza dei cittadini e cioè la scelta democratica del Paese volesse più pubblico – inteso come più tutela del patrimonio naturale ed ambientale, più sanità, più scuola, più ricerca, più cultura, più servizi pubblici e assistenza e solidarietà sociale, più Lavoro nella identità vera di costruzione di Benessere Collettivo per l’oggi ed il futuro – lo potrebbe avere? La risposta è chiaramente No: una risposta antidemocratica perché opposta alla volontà popolare! Un No che non nasce dalla mancanza di risorse umane, di conoscenze, di intelligenze, di professionalità, di disponibilità e volontà ampiamente presenti, o da imposizioni e limiti materiali della Natura, ma da qualcosa che è l’opposto di Essa perché innaturale, artefatto, funzionale a specifici interessi, chiamato “Debito Pubblico”, che è appunto il richiamo fondamentale del programma del Presidente Monti.
Vi è un altro Debito che invece ancora una volta è completamente ignorato nel programma del Governo ed è il “Debito Ecologico”: lo possiamo definire in tanti modi ma tutti esprimono la stessa fondamentale sostanza e cioè il deficit dalla disponibilità della rinnovabilità naturale, la crescente cancellazione degli spazi della vita, della storia naturale ed umana; un debito, pesante, insanabile che si è accumulato e si accumula sempre di più nel nostro Paese e nel Mondo.
In una delle tante interviste dopo la designazione da parte del presidente Napolitano, Monti per dare enfasi alle sue scelte (economiche) affermava «Lo dobbiamo ai nostri figli. Dobbiamo dare loro un futuro concreto di dignità e speranza». No! non è in queste scelte economiche o almeno nella sua filosofia portante che sta il futuro dei nostri figli ma nel sanare , con una diversa filosofia dello sviluppo e del lavoro, il debito ecologico.
“I deficit economici possono dominare i titoli dei nostri giornali, ma i deficit ecologici domineranno il nostro futuro”, scriveva nel 1984 Eugene Odum, in “Ecology and our endagered life support system”.
Profonda è perciò la delusione che viene dalla assenza nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente Monti di ogni riflessione e conseguente scelta sulle questioni fondamentali per il futuro del Paese, della Umanità, del Pianeta e cioè sulla Limitatezza delle Risorse (quelle vere, cioè della Natura) , sulla iniqua loro distribuzione, sul protocollo di Kyoto, sul Clima, sulla Biodiversità, sul rischio nucleare e sul TNP (trattato di non proliferazione), sulla Pace e sulla Cooperazione Internazionale. Non sono questioni settoriali – scelte tecniche ministeriali – come forse ha inteso, implicitamente dire il Presidente nel rinvio ai programmi dei vari Ministri; l’essenza vera, la qualità del buon governo, il cambiamento atteso hanno proprio in tali scelte il loro primario fondamento.
Antonio D’Acunto
Presidente Onorario VAS Campania
Napoli, 18 novembre 2011