Ischia – Anteprima. Accolto il ricorso dello studio Molinaro. Decisive le foto dell’Alisud. Le manovre politiche contro il Friends vanno all’aria…. Il locale resta aperto. La gestione del contenzioso non brilla!!! Dunque continuano le figuracce di Giosi Ferrandino e dei suoi.
Il testo della sentenza…
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9119 del 2012, proposto dalla società ‘The Alchemical Brothers’ s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro, con domicilio eletto presso la segreteria della sesta Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13
contro
Comune di Ischia, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Di Meglio, con domicilio eletto presso la segreteria della sesta Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13
nei confronti di
Condominio Irene e Francesca Romano, rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Grazia Di Scala e Giuseppe Di Meglio, con domicilio eletto presso la segreteria della sesta Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13
per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania – Napoli, Sezione III, n. 5073/2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ischia, del Condominio Irene e della signora Francesca Romano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il Cons. Claudio Contessa e udito l’avvocato Molinaro per la società appellante
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Il signor Bruno De Georgio, in qualità di legale rappresentante della società ‘The Alchemical Brothers’ riferisce di condurre nell’ambito del Comune di Ischia, al Corso Vittoria Colonna 117-123, un esercizio pubblico all’insegna ‘The Alchemical Club’, ove si svolgono attività di sala giochi, bar, bar-ristorante, trattenimenti vari (la società appellante è subentrata nella gestione dell’attività in questione giusta contratto di affitto di azienda stipulato il 10 settembre 2010).
Riferisce, altresì, che l’attività esercitata nei locali in questione era stata in precedenza esercitata nei medesimi locali dal padre Bruno De Georgio e dal signor Sergio De Georgio e, ancor prima, dai signori Mancini e Grella sulla base di idonei titoli abilitativi.
Con due ricorsi proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania e recanti i numm. 8382/2011 e 5566/2011, l’odierna appellante aveva impugnato – rispettivamente -:
a) l’ordinanza n. 12 del 9 maggio 2001 con la quale il responsabile dell’Area edilizia privata del Comune di Ischia aveva ingiunto la demolizione, con ripristino dello stato dei luoghi, delle opere abusive realizzate dal ricorrente al Corso Vittorio Colonna;
b) ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale, ivi compreso l’accertamento tecnico n. 73 del 16 gennaio 2001;
c) il provvedimento del 24 giugno 2011 (prot. 15785) con il quale il dirigente dell’Area Economica Finanziaria – Ufficio Attività Produttive del Comune di Ischia aveva disposto il divieto di prosecuzione dell’attività di cui alla segnalazione certificata di inizio di attività – s.c.i.a. – ricevuta dal Comune in data 27 maggio 2011 per l’attività di discoteca fino a n. 99 persone, intrattenimento danzante e spettacolo di arte varia nell’esercizio pubblico di Bar e ristorante sito alla via Vittorio Colonna n. 123;
d) ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale ivi compreso il provvedimento del 25 maggio 2011 richiamato nell’atto sub c) di rigetto della richiesta di agibilità dei locali presentata in data 26 settembre 2008 integrata con nota del 2.12.2008 (prot. 30916).
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal signor De Georgio – nella richiamata qualità – il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1) Error in iudicando – Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – Travisamento – Omessa pronuncia su punti decisivi della controversia – Omesso esame di prove documentali acquisite agli atti del giudizio – Eccesso di potere giurisdizionale. I primi Giudici avrebbero erroneamente affermato che la società odiernamente appellante non avesse fornito alcuna prova in ordine all’affermazione secondo cui la consistenza esterna del complesso immobiliare (come rappresentata nella produzione della stessa appellante) risalisse ai primi anni sessanta dello scorso secolo.
Nel rendere tale statuizione, i primi Giudici avrebbero commesso un duplice errore:
– in primo luogo, avrebbero annesso un valore eccessivo all’elaborazione grafica effettuata dai tecnici comunali attraverso la trasposizione su lucido dell’aerofotogrammetria del luglio 1968 (volo della società Alisud). Al contrario, sussisterebbero in atti numerosi elementi atti a dimostrare che tale trasposizione grafica fosse gravemente erronea e lacunosa e che si riferisse, comunque, a una aerofotogrammetria non determinante sotto il profilo temporale al fine di individuare l’effettivo stato dei luoghi alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. ‘legge-ponte’)
– in secondo luogo, avrebbero del tutto omesso di valutare l’esistenza in atti di un documento invero determinante ai fini del decidere: ci si riferisce all’aerofotogrammetria dell’Istituto Geografico Militare (serie V, fotogramma 76) del 16 ottobre 1966, dalla quale era dato evincere con chiarezza l’effettivo stato dei luoghi in data pacificamente anteriore al 1967 e la preesistenza in loco dei manufatti asseritamente abusivi.
Ad ogni modo, anche a voler tenere conto del fatto che l’aerofotogrammetria risalente al 1966 è stata trasfusa agli atti di causa solo nel luglio del 2012 (come allegato della relazione di parte a firma dell’Ing. Trani), le circostanze e le deduzioni fondate sulla produzione di tale documento sarebbero comunque rilevanti ai fini del decidere in quanto non puntualmente contestate dalle controparti costituite in giudizio.
In secondo luogo (e fermo restando il ritenuto carattere determinante ai fini del decidere delle deduzioni sin qui svolte) l’ordinanza di demolizione sarebbe altresì illegittima in quanto, anche a voler ammettere il carattere originariamente abusivo dei manufatti per cui è causa, il Comune di Ischia avrebbe omesso di indicare le ragioni di interesse pubblico concrete ed attuali sottese all’ordinanza di demolizione di manufatti pacificamente realizzati alcuni decenni addietro.
Per quanto riguarda, poi, i motivi articolati con il ricorso 5566/2011 (e relativi, per un verso, alla ritenuta mancata formazione del certificato di agibilità dei locali e, per altro verso, al divieto di prosecuzione dell’attività di discoteca oggetto della s.c.i.a. del 27 maggio 2011) la società appellante lamenta che i primi Giudici ne abbiano erroneamente fatto discendere l’infondatezza quale mero effetto del ritenuto carattere abusivo delle opere (questione che costituiva oggetto del ricorso n. 8382/2011).
Al riguardo, il Comune di Ischia (e in seguito i primi Giudici) avrebbero omesso di considerare:
– che, per le ragioni già in precedenza esposte, il lamentato carattere di abusività delle opere non sussistesse;
– che sarebbe erroneo affermare che il certificato di agibilità richiesto dal signor De Georgio il 26 settembre 2008 non si fosse perfezionato per silentium ai sensi dell’articolo 25 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Al contrario, tale definizione per silentium si sarebbe verificata sia in quanto l’interessato aveva depositato in atti tutti i documenti richiesti dal Comune con la nota di integrazione istruttoria del 15 ottobre 2008, sia in quanto non sussisterebbe – per le ragioni dinanzi esposte – l’abusività neppure parziale delle porzioni di manufatto oggetto dell’ordinanza di demolizione del 29 maggio 2001.
Ancora, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per aver respinto i motivi di ricorso con i quali si era lamentato il mancato rispetto, da parte del Comune di Ischia della garanzie partecipative di cui al capo III della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Sotto tale aspetto, i primi Giudici avrebbero erroneamente enfatizzato il carattere vincolato degli atti impugnati nell’ambito di entrambi i ricorsi, omettendo di considerare che non sussistessero le condizioni di legge (con particolare riguardo alle particolari esigenze di celerità alla più rapida definizione del procedimento che, sole, potrebbero legittimamente esimere l’amministrazione dal pieno rispetto delle richiamate garanzie partecipative).
Infine, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per aver respinto il motivo di ricorso con il quale si era lamentata la violazione dell’articolo 19, comma 3 della l. 241 del 1990 secondo cui, in caso di attività privata oggetto di s.c.i.a., laddove risulti la carenza dei requisiti e dei presupposti per procedere all’avvio dell’attività oggetto di segnalazione, l’amministrazione ha l’onere di consentire al richiedente la conformazione alla normativa vigente prima di adottare i provvedimenti inibitori di cui al medesimo articolo 19.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Ischia e la signora Francesca Romano proprietaria di un immobile adiacente i quali hanno concluso per la reiezione dell’appello.
Con ordinanza n. 134/2013 (resa all’esito della Camera di consiglio del 16 gennaio 2013), questo Consiglio di Stato ha accolto la domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe, proposta in via incidentale dall’appellante.
Alla pubblica udienza del 25 giugno 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal legale rappresentante di una società che esercita un’attività di pubblico esercizio nell’ambito del territorio comunale di Ischia avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania con cui, previa riunione, sono stati respinti i ricorsi avverso gli atti con cui il Comune ha dapprima ingiunto la demolizione e la rimessione in pristino in relazione ad alcuni interventi edilizi ritenuti abusivi effettuati sui locali ove si svolge l’attività di impresa e, successivamente, ha ingiunto la cessazione dell’attività di discoteca oggetto di una segnalazione certificata di inizio di attività (s.c.i.a.) presentata dalla società appellante nel maggio del 2001.
2. L’appello è fondato nei termini che seguono.
2.1. Il Collegio ritiene che, al fine di dirimere la complessa vicenda sottesa al presente giudizio sia determinante esaminare in primo luogo il motivo di appello con cui si è lamentato che i primi Giudici non abbiano correttamente apprezzato i motivi del ricorso introduttivo con i quali si era rilevato che la ritenuta abusività dell’immobile per cui è causa (rectius: delle modifiche e degli ampliamenti in seguito meglio descritti) fosse stata affermata all’esito di un’attività affetta da rilevanti profili di eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
2.1.1. Al riguardo si osserva che l’ordinanza di demolizione in data 29 maggio 2001 (impugnata in primo grado con il ricorso n. 8382/2001) fondava in toto le proprie deduzioni in fatto sul contenuto del rapporto della ‘Sezione tecnica – Edilizia privata’ dello stesso Comune di Ischia in data 16 gennaio 2001. In particolare, dal rapporto in parola sarebbe risultata la realizzazione, in assenza di titolo abilitante:
– di un manufatto al livello stradale, ad ovest e in ampliamento rispetto al corpo di fabbrica principale, costituito da una copertura leggera, con una scala di accesso al seminterrato e un’area al livello stradale;
– di opere di ampliamento sul manufatto ad un livello adibito a sala giochi, della superficie di mq. 174 circa.
Dall’esame del richiamato rapporto in data 16 gennaio 2001 (le cui risultanze hanno sortito un influenza determinante ai fini dell’adozione dell’ordinanza di demolizione, nonché – per le ragioni che in seguito si esporranno – degli ulteriori atti impugnati con il ricorso n. 5566/2011), emerge che i tecnici comunali avrebbero fondato le proprie deduzioni in fatto “da un’approfondita analisi della fotogrammetria del 1968” (si tratta dell’aerofotogrammetria risultante dal volo ‘Alisud’ del luglio 1968).
All’esito dell’analisi condotta dai tecnici comunali sulla base dei documenti grafici a loro disposizione, gli stessi hanno concluso nel senso:
– che la copertura in plastica e lamiere (in seguito sostituita con altra in lamiere gracate) per una superficie di 95 mq. esistente sulla zona di accesso ad ovest (copertura certamente esistente alla data del 3 febbraio 1986, alla luce di un verbale dei Vigili urbani) non sarebbe individuabile dall’aerofotogrammetria del 1968 (e sarebbe, quindi, stata realizzata in modo abusivo in epoca successiva);
– che la sala giochi posta al piano seminterrato del complesso sarebbe stata interessata nel corso degli anni (e secondo quanto desumibile dal raffronto con le aerofotogrammetrie del 1968 e del 1978, nonché con la richiesta di autorizzazione del 6 febbraio 1981) da ulteriori interventi, i quali avrebbero determinato la realizzazione di ulteriori aree coperte – non assistite da alcun titolo abilitativo – per una superficie complessiva pari a (67+85+22=) 174 mq. circa.
2.2. Il T.A.R. ha respinto i motivi di ricorso con cui si era lamentato il difetto di istruttoria in relazione all’apprezzamento dei presupposti in fatto osservando che l’aerofotogrammetria ‘Alisud’ (di cui è comunque controversa l’inTerpretazione) è comunque successiva alla data di entrata in vigore della l. 765 del 1967.
Secondo il T.A.R., quindi, anche a voler ammettere (in antitesi rispetto a quanto ritenuto dai tecnici comunali) che l’aerofotogrammetria ‘Alisud’ – ove correttamente intesa – dimostrasse l’esistenza in loco dei manufatti per cui è causa, ciò non potrebbe comunque giovare alle difese della società appellante, dal momento che l’epoca di realizzazione dell’aerofotogrammetria in questione (1968) non potrebbe comunque testimoniare la preesistenza dei manufatti in parola (privi comunque di alcun titolo abilitativo) anche prima del 1967.
Secondo il T.A.R., inoltre, elementi relativi alla preesistenza dei manufatti in questione alla data del 1967 non potrebbero essere desunti:
– né dalla foto dell’esterno del locale versata in atti dalla società appellante (atteso che nessun elemento certo consente di datare la foto in questione all’inizio degli anni sessanta del Novecento, come preteso dall’odierna appellante);
– né dalla sentenza di assoluzione resa dal Pretore di Ischia il 6 febbraio 1989 in relazione al contestato aumento di altezza realizzato da un precedente proprietario attraverso la sostituzione della copertura di 95 mq. sul lato ovest (atteso che la sentenza in questione non fornisce alcun elemento in relazione alla data di effettiva, originaria realizzazione del manufatto in contestazione);
– né dagli ulteriori titoli abilitativi a vario titolo rilasciati nel corso degli anni ottanta e novanta del Novecento, trattandosi – in ogni caso – di atti pacificamente inidonei a dimostrare la preesistenza dei manufatti in contestazione alla data del 1967.
2.3. Ad avviso del Collegio, l’esame degli atti di causa induce invece ad accogliere l’originario motivo di ricorso con cui si era lamentato che le deduzioni svolte dai tecnici comunali in ordine alla consistenza dimensionale e alla data di verosimile realizzazione degli interventi contestati fossero viziate per erroneità nei presupposti.
In particolare, nonostante la stentorea affermazione (contenuta nella relazione dei tecnici comunali in data 16 gennaio 2001 e fatta integralmente propria in sede di adozione dell’ordinanza di demolizione) secondo cui “da un’approfondita analisi della fotogrammetria del 1968” – nonché dall’analisi dell’aerofotogrammetria del 1978 per ciò che attiene gli ampliamenti nel locale seminterrato – sarebbe emersa la sicura assenza di tutti gli interventi in contestazione (i quali sarebbero – quindi – stati realizzati in epica successiva e in assenza di qualunque titolo abilitativo), il Collegio osserva che il complesso degli atti di causa palesi il carattere incompleto e nel complesso lacunoso di tali conclusioni.
2.3.1. Al riguardo si osserva in primo luogo che non è dato comprendere se le conclusioni cui sono giunti in parte qua i tecnici comunali siano state effettivamente basate sull’esame diretto dell’aerofotogrammetria ‘Alisud’ del 1968 ovvero – come sembra più verosimile – dai riporti o restituzioni grafiche in scala 1:2000 realizzate dal Comune sulla base delle richiamate aerofotogrammetrie.
Ed infatti, mentre l’aerofotogrammetria del 1968, in atti (vuoi per la resa grafica non ottimale, vuoi per la presenza di zone d’ombra di difficile lettura, vuoi – infine – per la difficile leggibilità delle aree di confine fra le varie porzioni intercettate da una vegetazione piuttosto fitta), non consente di escludere (con i termini perentori utilizzati dai tecnici comunali) la preesistenza in loco degli interventi in contestazione, al contrario l’assenza di tali interventi apparrebbe certa (ma si vedrà fra breve con quale grado di attendibilità) sulla base del riporto o restituzione grafica operata dallo stesso Comune sulle aerofotogrammetrie del 1968 e del 1978.
2.3.2. Ed infatti, come rilevato dalla società appellante, sussistono numerosi elementi i quali depongono nel senso della non attendibilità dei riporti o restituzioni grafiche realizzati dai tecnici comunali sulla base delle aerofotogrammetrie del 1968 e del 1978 (riporti o restituzioni sulla cui base i tecnici comunali sembrano aver fondato la propria certezza in ordine alla non preesistenza in loco delle porzioni di manufatto in contestazione).
Si osserva al riguardo:
– che, per quanto riguarda il manufatto al livello stradale posto ad ovest e in ampliamento del corpo di fabbrica principale, non risulta adeguatamente suffragata in atti la perentoria affermazione dei tecnici comunali secondo cui, al luglio del 1968 (epoca del volo ‘Alisud’), non sarebbero stati presenti in loco né la copertura, né il corpo scala esterno, “per cui è da presumere che al piano seminterrato si accedesse dal preesistente accesso ad est”. Al riguardo, la difesa della società appellante ha persuasivamente osservato che i riporti o restituzioni grafiche delle aerofotogrammetrie del 1968 e del 1978 presentano (ove posti in comparazione) discrasie rilevabili ictu oculi in relazione alle sagome dei manufatti e allo stesso andamento dei tracciati viari, sì da far sorgere dubbi in ordine alla correttezza delle stesse operazioni di riporto o restituzione (del resto, risulta in atti che le aerofotogrammetrie in questione fossero state tradotte in mappe con scale diversificate – rispettivamente 1: 2000 e 1:5000 – con la conseguenza che l’ulteriore operazione di riduzione alla comune scala 1:2000, operata con strumenti scientifici perfettibili, potrebbe aver determinato ulteriori errori, omissioni e imprecisioni);
– che lo stesso Comune di Ischia ha dato atto nell’ambito dell’accertamento tecnico in data 16 gennaio 2001 (prodromico all’adozione dell’ordinanza di demolizione) della sentenza del Pretore di Ischia del 1989 con cui era stata dichiarata l’insussistenza di reati collegati alla (asseritamente) abusiva sostituzione della copertura sulla zona di ingresso ad ovest, rilevando che la proprietà si fosse limitata a “sostituire una copertura, evidentemente deteriorata che da tempo, come notorio per chi frequenti il corso cittadino, serve da copertura ai tavolini su cui si siedono gli avventori”. Ebbene, nell’adottare gli atti impugnati in primo grado, il Comune di Ischia (cui era noto il contenuto della sentenza in questione, ormai passata in giudicato) avrebbe dovuto fornire argomenti dirimenti per contestualizzare nel tempo il momento di realizzazione dell’opera in questione (con particolare riguardo alla sua posterità rispetto al 1967), atteso che la richiamata sentenza ne aveva data per certa la presenza in loco ormai da molto tempo;
– che a conclusioni simili deve giungersi in relazione al punto dell’ordinanza di demolizione relativo al preteso ampliamento del locale seminterrato (ampliamento che i primi Giudici hanno ritenuto successivo al volo ‘Alisud’ del luglio 1968). Sul punto è sufficiente rinviare a quanto dinanzi osservato in ordine all’attendibilità delle più volte richiamate operazioni di riporto o restituzione grafica.
2.4. Ai limitati fini che qui rilevano (e fermo restando il carattere dirimente ai fini del decidere di quanto già osservato), sembra che una conferma delle deduzioni dinanzi svolte sub 2.3. giunga dall’esame dell’aerofotogrammetria dell’Istituto Geografico Militare del 16 ottobre 1966 (depositata in atti dalla società appellante il 9 luglio 2012) la quale – per evidenti ragioni cronologiche -, è idonea a fornire elementi idonei a ricostruire lo stato dei luoghi in epoca anteriore all’entrata in vigore della l. 765 del 1967.
Ebbene, dall’esame di tale aerofotogrammetria appare ulteriormente posta in dubbio la perentorietà dei termini con cui i tecnici comunali hanno affermato l’insussistenza in loco dei manufatti per cui è causa (zona di 95 mq. di ingresso ad ovest – almeno per la parte verso la strada non coperta dall’alberatura – e ampliamenti verso est del locale seminterrato per una superficie complessiva di mq. 174).
In ogni caso, le deduzioni in questione (ulteriormente suffragate da aerofotogrammetrie risalenti ad epoche ancora precedenti) avrebbero dovuto indurre i tecnici comunali a svolgere un esame più dettagliato e prendere in considerazione tutta la documentazione pertinente per poter giungere a conclusioni affidabili sotto il profilo tecnico e della corretta ricostruzione dello stato dei luoghi, anche in relazione alla normativa ratione temporis rilevante.
2.5. Concludendo sul punto, il primo ordine di argomenti deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado e recante il n. 8382/2001, con conseguente annullamento degli atti in tale sede impugnati e – in particolare – dell’ordinanza di demolizione in data 29 maggio 2001.
Spetterà, quindi, all’amministrazione comunale operare una complessiva rivalutazione della fattispecie e degli atti di causa e statuire nuovamente (in base a un esame che tenga compiutamente conto dei documenti grafici in atti e dell’ulteriore, pertinente documentazione) in ordine al tempus di effettiva realizzazione degli interventi e in ordine al regime urbanistico ed edilizio agli stessi applicabile.
In sede di rivalutazione, il Comune di Ischia potrà tener conto (laddove ne sussistano le condizioni) delle ulteriori circostanze rilevanti del caso (fra cui – ma solo a titolo di esempio – la circostanza evidenziata dal Comune appellato e dagli intervenienti Condominio Irene e signora Francesca Romano secondo cui, anche laddove si dimostrasse la preesistenza degli interventi in parola al 1967, risulterebbero comunque determinanti – in danno della società appellante – la carenza della licenza edilizia comunale e del prescritto nulla-osta paesaggistico, in quanto comunque dovuti e nel caso di specie mancanti).
Ed infatti, le deduzioni appena richiamate non possono costituire oggetto del presente giudizio, dal momento che le ragioni poste a fondamento dell’ordinanza di demolizione del maggio 2001 non ne facevano menzione e si basavano esclusivamente sui fatti e sulle circostanze dinanzi esaminate sub 2.1.1. e 2.2., ragione per cui l’eventuale accoglimento delle tesi comunali fondato sulle circostanze di cui sopra legittimerebbe una inammissibile integrazione postuma delle ragioni ostative a suo tempo allegate dall’Amministrazione comunale).
3. Le ragioni esaminate sub 2 consentono di definire anche i motivi di appello relativi al capo della sentenza con cui sono stati respinti i motivi di ricorso proposti con il ricorso al T.A.R. n. 5566/2011 (ossia, i motivi di ricorso – meglio descritti in premessa – rivolti: a) avverso il divieto di prosecuzione dell’attività di cui alla s.c.i.a. in data 27 maggio 2011; b) avverso il provvedimento in data 25 magio 2011, di rigetto della richiesta di agibilità dei locali).
3.1. Ed infatti, dall’esame degli atti di causa emerge con evidenza che le ragioni poste a fondamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso n. 5566/2011 derivassero in modo determinante dalla ritenuta abusività degli interventi, la quale costituiva l’ubi consistam dell’ordinanza di demolizione del maggio del 2001.
3.1.1. Per quanto riguarda, in particolare, il divieto di prosecuzione dell’attività di discoteca di cui alla segnalazione certificata del maggio 2011, risulta in atti che esso sia stato disposto: a) a causa del mancato perfezionamento del certificato di agibilità richiesto il 26 settembre 2008 (sul punto si tornerà tra breve, evidenziando come l’operato del Comune sia stato determinato in parte qua della ritenuta abusività delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione); b) a causa dell’esistenza della richiamata ordinanza di demolizione, al tempo sospesa negli effetti in sede giurisdizionale, ma non ancora annullata.
3.1.2. Ne consegue, già sotto questo aspetto, che dall’annullamento dell’ordinanza di demolizione del maggio del 2001 consegua altresì l’annullamento anche del richiamato divieto di prosecuzione, stante l’evidente nesso di presupposizione che espressamente legava questo a quella.
3.2. Per quanto riguarda, poi, il provvedimento in data 25 maggio 2011, di rigetto della richiesta di agibilità dei locali, anche in questo caso il suo annullamento deriva quale conseguenza necessaria dall’annullamento dell’ordinanza comunale di demolizione del maggio 2001, che ne rappresentava un presupposto fondante essenziale.
Dagli atti di causa risulta, infatti, che il provvedimento di rigetto della richiesta agibilità adottato nel maggio del 2011 motivasse nei termini che seguono: “la richiesta di agibilità, limitatamente alle porzioni non oggetto del certificato di agibilità rilasciato il 18.9.2006 (…) non si è perfezionata per silenzio-assenso, in quanto carente di documentazione a supporto della dichiarazione di legittimità delle opere per le quali veniva richiesto il certificato di agibilità, soprattutto in virtù dell’accertamento tecnico prot. 73 del 16.1.2001, al quale si rilevano le varie epoche di realizzazione, a seguito del quale è stata emessa l’ordinanza di demolizione n. 12 del 9.5.2001”.
In definitiva, il provvedimento di diniego di rilascio del certificato di agibilità impugnato in primo grado era stato fondato sulle medesime ragioni di asserita illegittimità dei manufatti (dinanzi riconosciute come illegittime) le quali avevano ispirato l’adozione dell’ordinanza di demolizione del 29 maggio 2001.
Pertanto, alla luce del carattere di stretta consequenzialità che legava il provvedimento impugnato e l’ordinanza di demolizione, l’annullamento in sede giurisdizionale della seconda non può che travolgere anche il primo.
4. La ritenuta illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado per le ragioni dinanzi esaminate sub 2 e 3 comporta quindi – e in riforma della sentenza in epigrafe – l’annullamento degli atti impugnati con i ricorsi numm. 8382/2001 e 5566/2011.
Ciò, esime il Collegio dall’esame puntuale degli ulteriori motivi di doglianza (già articolati dalla società appellante in primo grado e nella presente sede puntualmente riproposti) con i quali si era altresì lamentata l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione per ulteriori profili (e, segnatamente, per non avere il Comune di Ischia rappresentato l’esistenza di uno specifico interesse pubblico di carattere diretto ed attuale a disporre la demolizione di manufatti realizzati alcuni decenni addietro).
5. Ed ancora, l’annullamento degli atti impugnati con il ricorso n. 5566/2011 per le ragioni dinanzi esaminate sub 3 esime il Collegio dall’esame puntuale dei motivi di appello con cui (reiterando analoghi motivi già articolati in primo grado e ritenuti assorbiti dal T.A.R.) si è altresì affermata l’illegittimità dei medesimi atti (con particolare riguardo al diniego di rilascio del certificato di agibilità) per violazione dell’articolo 25 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 in tema di procedimento per il rilascio del certificato in questione.
6. Per ragioni in parte analoghe a quelle sin qui esaminate non si fa, inoltre, luogo ad esaminare motivi di appello con cui (reiterando ancora una volta analoghi motivi già articolati in primo grado e ritenuti assorbiti dal T.A.R.) si è altresì affermata l’illegittimità degli atti impugnati in primo grado: a) per avere l’amministrazione violato le garanzie partecipative di cui al capo III della l. 241 del 1990 (pagine da 37 a 41 del ricorso in appello), nonché b) per avere omesso – in violazione del comma 3 dell’articolo 19 della medesima legge – di consentire la conformazione dell’attività privata oggetto della s.c.i.a. al pertinente paradigma normativo.
7. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere disposto l’annullamento degli atti impugnati in primo grado, fatta salva l’adozione di ulteriori atti da parte del Comune appellato all’esito di una rinnovata valutazione della complessiva fattispecie.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla gli atti impugnati in primo grado, fatta salva l’adozione di ulteriori atti da parte del Comune appellato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere
Antonio Malaschini, Consigliere
L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)