La voce ai cittadini
di Ennio Anastasio
La botta e risposta sulle partecipate vi è stata anche al Comune d’Ischia proprio in uno degli ultimi Consigli comunali con all’ordine del giorno la razionalizzazione delle Società che fanno capo all’Ente pubblico. Era il 22 marzo scorso quando si è acceso il dibattito nella sede comunale sulla revoca delle vendite delle quote di Ischia Ambiente Spa ai privati per poi passare allo smantellamento di Ischia risorsa mare e all’efficientamento della Genesis. Delibera a parte, passata con approvazione della maggioranza e su cui ritorneremo se non per poche battute, a pochi giorni dalla presentazione del primo rapporto che sarà presentato dall’Anac e cioè il dossier Whistle Blowing che permette la segnalazione in incognito da parte dei dipendenti di diversi reati tra i quali anche la corruzione, occorre interrogarci sulla nuova normativa prevista dal Governo in attuazione della legge Madia. Partiamo dal fatto che attualmente non si conosce nemmeno il numero esatto delle partecipate che esistono in Italia proprio perché le banche dati esistenti riescono ad arrivare soltanto ad un certo livello di informazione sulla partecipazione che può essere diretta, indiretta, di primo livello e così di seguito. Insomma un vero e proprio sottobosco inestricabile che negli ultimi anni è andato ad incrementarsi sempre più. Ma un dato è certo, una grande, veramente grande fetta di tali società a partecipazione diretta, si trova nei Comuni, con un fenomeno molto diffuso nella regione Campania dove se ne contano più di novecento; praticamente una vera giungla dove è difficile orientarsi sui nomi e addetti, figurarsi sui costi delle stesse e sui servizi che dovrebbero essere a vantaggio dei cittadini. Non si può inoltre far passare in secondo piano che molte, anzi moltissime di queste società nella maggior parte dei casi reali, ma non nascondiamo il termine “fittizio”, chiudono i bilanci facendo registrare delle perdite di non poco conto che ovviamente sono a carico della collettività. Sono infatti quasi 23 i miliardi di euro che ogni anno corrispondono al costo di mantenimento di questo enorme carrozzone di società che premono per tirar soldi dalle casse dell’Erario. Società che discendono dalle stesse società, “piccole figlie” create ad hoc : trasporti, rifiuti,servizi di pulizia e custodia,riscossione tributi, vere società “in house”.
“Scatole cinesi” ? si combattono con una nuova trasparenza del sistema
Spending rewiew dunque per le società partecipate pubbliche, in alcuni casi con un numero considerevole di dipendenti e quindi a conferma di un sistema clientelare fatto di incarichi e assunzioni, ma molte volte costituite soltanto da manager ben pagati ma privi di dipendenti, in pratica la sola formazione di un Cda dove non vi è bisogno di scorciarsi le maniche proprio perché per scorciarsele bisogna averle. Sull’argomento, l’intervento diretto del Presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone invitato al dibattito sulle partecipate: ” una fonte di spreco di denaro ed un escamotage per aggirare le regole delle pubbliche amministrazioni e soprattutto, l’anticamera della corruzione; nemmeno sui numeri del fenomeno ci sono certezze”. Lo stesso presidente non manca di sottolineare che le partecipate degli enti locali sono state spesso utilizzate come strumenti per sistemare qualcuno nei Consigli di amministrazione o comunque per assumere, aggirando il Patto di Stabilità e quindi muovendosi fuori dalle regole. La direzione del decreto punta ad una riduzione drastica di tali società portando il numero delle attuali 8.000 ad appena 1.000 e le prime a cadere saranno proprio quelle aziende con più amministratori che dipendenti. Per Cantone dunque la regolamentazione del sistema è il primo modo per combatterlo affermando lo stesso, ancora che “è in via di approvazione definitiva la riforma del Governo in attuazione della legge Madia che procede nella giusta direzione perché riduce il numero delle partecipate, prevede restrizioni forti e introduce criteri di trasparenza” Ed in effetti entro sei mesi dall’entrata in vigore della riforma, toccherà agli enti locali proporre un piano di revisione straordinaria delle municipalizzate,che punti anzitutto sull’alienazione delle società che non rispondono ai nuovi criteri. Ed è proprio la razionalizzazione del sistema delle società che ci catapulta nel Consiglio comunale di Ischia del 22 marzo scorso e all’infuocato braccio di ferro tra maggioranza ed opposizione partendo proprio dal fatto che la delibera approvata con i 10 voti favorevoli viene criticata e ritenuta vuota di contenuto. Passo indietro dunque della maggioranza sulla privatizzazione della Ischia Ambiente, ed invece liquidazione della Ischia risorsa mare con conseguente affidamento alla stessa Ischia Ambiente che andrebbe ad assorbire i dipendenti, rivisitazione dei costi per la Genesis con relativo efficientamento, impegno di lavoro per un rientro “in bonis” dell’Evi. Le stoccate partite dai banchi dell’opposizione non sono mancate e non poteva essere altrimenti: se il consigliere Carmine Bernardo ha rimarcato ” sulle partecipate vi abbiamo sempre detto che la privatizzazione portava solo aziende vicine al malaffare…..” Salvatore Mazzella non si è fatto mancare un tagliente affondo ” sulle partecipate avete cambiato idea cinque volte” ma non siamo qui a ricordarle tutte; ci sia invece consentita qualche considerazione su quanto in Consiglio si è deliberato. Se da una parte viene sollecitato, come si legge nel testo di legge, un piano di razionalizzazione delle partecipate per il contenimento della spesa, alquanto suggestiva ci appare l’operazione di liquidazione della Ischia Risorsa Mare prospettata dal vicesindaco Enzo Ferrandino ( il Sindaco era assente) a nome della maggioranza, con un consequenziale rilancio della stessa da parte del liquidatore che dovrebbe poi incrementarne i ricavi. Una simile operazione tradisce un retaggio culturale di natura contabile e ne chiediamo appello rimarcando che invece la stessa potrebbe assimilarsi ad un vecchio procedimento di fusione per assorbimento (tra l’altro non più attuabile) con il quale società private in profumo di consistenti utili ne riducevano l’imponibile acquistando imprese deficitarie, meglio denominate “bare fiscali”. Lo scopo era dunque di compensare il loro “grasso bottino reddituale” con le consistenti perdite di esercizio delle acquisite. Il carattere pubblico non permette di sostenere tale tesi ed allora di cosa parliamo? forse di travaso contabile? mentre per il termine “cessione” non andiamo oltre : poggiamo i piedi sulle sabbie mobili. Altre osservazioni andrebbero rivolte in relazione ad alcune procedure che la maggioranza ha estemperato, nella voce del vicesindaco, sulle altre società sorelle ma non vogliamo annoiare nessuno procedendo nei labirinti contabili. Un dato statistico va però dichiarato : il fenomeno delle partecipate, in particolare in Campania, resta di fatto, ancora pressochè inalterato e per la spending rewiew uno scoglio insormontabile.
Funzione pubblica a prezzi accettabili?
Dobbiamo tutti sapere che nel nostro bel Paese esiste persino un Comune che con i soldi dei contribuenti ritiene di poter mandare avanti un prosciuttificio, già, avete capito bene, un’azienda dove si producono prosciutti. Questo solo per farsi un’idea degli altri ambiti in cui gli enti locali hanno una grandissima considerazione di sé stessi fino al punto da divertirsi a fare gli imprenditori. Detto questo e prosciutti a parte, eliminare le partecipate significa anche eliminare del tutto il problema? Quei servizi,pensiamo ad esempio alla raccolta dei rifiuti, alla pulizia delle strade, dovrà comunque farli un altro e quindi quell’operato o servizio che sia, dovrà essere in ogni caso pagato. E’ giusto quindi intervenire ed in particolare in quelle partecipate che hanno più membri di Cda che dipendenti ma un drastico sfoltimento delle stesse dagli enti pubblici deve nascere sulla base di una precisa analisi di costi e benefici proprio perché una sana partecipata con prezzi accettabili non è il male peggiore, prosciutti a parte, s’intende.