L’antico arco “la corrente” che ai piedi del Castello Aragonese unisce il mare del lato di ponente con quello della splendida baia di Cartaromana sembra inesorabilmente abbandonato ad un lento declino. Ancora un appello all’Amministrazione ma anche alla società civile e alle tante associazioni impegnate nella tutela dei beni storici perché si risvegli quel sentimento morale per salvare e consegnare un patrimonio culturale al futuro.
di Ennio Anastasio
Forse, questo antico arco, ritratto nella foto, così bello nella sua forma ma diventato così fragile nella sua struttura per non aver ricevuto nel corso di tanti anni le cure dovute, merita, da parte di noi tutti, una copertina, ovunque. Lo merita per la storia che racconta, per quelle antiche pietre quadre di piperno che si incastonano una nell’altra e narrano la maestria di un tempo, e ci permettono di ammirare la perfezione di un disegno geometrico che si china verso il mare. Un mare che a volte lo coccola con dolci onde ma altre volte gli si rivolge contro flagellandolo con tutta la forza dei marosi che si alzano per la furia del vento di una giornata in burrasca. Le onde taglienti hanno scavato da tempo e continuano inesorabilmente nella loro opera e l’arco appare fortemente indebolito in entrambi i lati del muro che lo sorregge. La struttura è ormai spoglia delle lastre di piperno che, mancanti di appiglio, sono precipitate in mare e profonde buche cominciano a testimoniare che il sostegno dell’arco è sempre più debole e sempre meno monitorato. Vedere l’arco del pontile Aragonese in quelle condizioni di abbandono fa male agli occhi e lascia un profondo amaro in bocca, nonchè il timore che non siamo più in grado di preservare dal declino queste opere di enorme valore che invece dovrebbero essere curate per mantenerne lo splendore architettonico e culturale. Siamo veramente poco attenti alla cura delle attrazioni storiche che gelosamente dovremmo custodire e soprattutto proteggere e bene fanno importanti estimatori ad esprimere severe critiche di condanna nei confronti di coloro che sono preposti alla protezione e conservazione dei beni culturali lasciati invece irresponsabilmente in stato di abbandono, sulla strada di un triste destino.
Siamo tutti colpevoli di una profonda indifferenza morale
Quello che veramente appare è il doloroso sospetto che gli amministratori, in questo frangente, si sono impropriamente spogliati delle vesti di responsabili della cosa pubblica, forse troppo coinvolti da un’ansia profonda di modificare il presente fino al punto da dimenticare che vi è tanto da fare per aggiustare il passato, soprattutto quando bisogna tutelare lo scarso bene ancora rimasto. Si apprende sempre più di progetti per la costruzione di nuovi mega parcheggi, della nascita di scale mobili che andrebbero a muovere migliaia di turisti dai piani sotterranei dove hanno infilato le loro auto, ad un piano emerso, fatto di box per procurarsi biglietti, piccole aiuole prefabbricate e tanto cemento e asfalto. E’ questo il futuro della nostra Ischia? nel frattempo si installano tendo-strutture e casotti metallici, paletti con tanto di adesivo rosso rifrangente in stile rigorosamente cittadino e tanta voglia di dimensionare il tutto con la rapidità di uno schizzo, uno scudo necessario per fermare, almeno in parte, i tiri di artiglieria virtuale che provengono dai social network. Questa furia di cambiamento e di novità, caramellata dal convincimento che ne abbiamo assolutamente bisogno per accogliere un turismo sempre più esigente, deve invece farci riflettere su quella che potremmo definire una pericolosa indifferenza morale, quel qualcosa, forse una deriva che si avverte nella società civile, quella che non si compatta e si anima di fronte al degenerare dei beni culturali che rappresentano veramente la bellezza dei nostri luoghi che si affacciano sull’azzurro del mare. Abbiamo tutti una colpa: ci allontaniamo, mentre è invece necessario intervenire, il prima possibile. Noi siamo qui, a scriverlo, e non lotteremo per un ascensore di un parcheggio o per una grigia e brutta cabina metallica, no, intendiamo lottare per qualcosa a noi caro, che amiamo, che rappresenta la nostra arte e storia: un arco antico che attraversa con il mare lo storico pontile aragonese, un arco divenuto così fragile dal sembrar essere ad un passo dal crollo. Salviamolo, non possiamo far finta di aver perso interesse per un bene lasciatoci in eredità e che dobbiamo consegnare al futuro.
ed ancora…… il pontile Aragonese: un lavoro di ristrutturazione svolto a metà
Doveva in realtà essere un’opera di restauro, ma fu definita dal Sindaco Enzo Ferrandino sulla diretta facebook dello scorso anno “un intervento di ristrutturazione” che aspettava l’autorizzazione della Sovrintendenza ai beni monumentali. Questo intervento, della scorsa primavera, vede ancora oggi i parapetti del lungo pontile mancanti, dal lato di ponente, delle pietre di coronamento sulla parte superiore, mentre quelli che si affacciano sulla baia di Cartaromana sono stati in gran parte rivestiti ma risultano spogli in alcuni tratti. Una transenna in metallo del Comune di Ischia impedisce l’accesso alla scala in pietra che conduce agli scogli sottostanti perché la stessa è mancante del parapetto di protezione, crollato da tempo. Molti basoli antichi, fortunatamente ancora interi, sono riversi sugli scogli e dovrebbero essere recuperati per poterli posizionare con la malta cementizia. Dopo aver sperato per diversi anni in quello che doveva essere un intervento mirato e di qualità, una vera missione da compiere con orgoglio, ci troviamo oggi ad essere gli increduli testimoni di un lavoro che risulta incompleto in alcune sue parti e trasandato in altre come la collocazione delle “pietre segate” industriali sulla seduta interna di alcuni parapetti del pontile. E’ veramente qualcosa che sa dell’inspiegabile lasciare le pietre di piperno originarie tra gli scogli e far uso di quelle che in città servono per pavimentare gli ingressi delle Metro, eppure questa esecuzione maldestra è avvenuta, non dando alcun peso a tutta la responsabilità che un restauro comporta. Chi doveva controllare non ha controllato, ma oggi possiamo ancora chiedere uno sforzo per porre riparo a quelle sventate esecuzioni e ridare splendore all’antico pontile scegliendo la competenza e con la piena consapevolezza di quanto siano fragili queste meraviglie del nostro patrimonio.