Bottiglie di vetro e in plastica, lattine e cartacce abbandonate un pò ovunque, vassoi per dolci, e alla fine spunta persino un sacchetto ricolmo di immondizia lasciato penzolare dall’albero di platano che ombreggia il punto di ritiro dell’acqua alla spina.
di Ennio Anastasio
Frizzante o naturale, comunque ben fredda, l’acqua alla spina è sempre molto richiesta da un’ampia fascia di utenza. Le casette dell’acqua piacciono agli utenti anche perché rappresentano un importante messaggio “ecologico” in quanto si evita di gettare via plastica di continuo, si risparmiano soldi nell’acquisto, e soprattutto si è sicuri di non bere un’acqua che, il più delle volte, è rimasta esposta per molte ore al sole cocente in bottiglie di ogni tipo e forma. La casetta dell’acqua ad Ischia, alle spalle del Polifunzionale, fortunatamente è ancora salva da scritte, tag e “graffiti” di malintenzionati ma le aiuole che la circondano e gli spazi di verde in generale risultano veramente ridotti in brutte condizioni. Basta lanciare un’occhiata lungo i marciapiedi che girano intorno all’intero parcheggio per osservare che vi sono rifiuti ovunque: cartacce e bottiglie di ogni tipo, lattine schiacciate, cicche e mozziconi, per non parlare poi di alcuni avanzi da pasto come cartoni per pizze e piccoli vassoi da pasticceria. Purtroppo è vero, l’amministrazione comunale, questa o qualsiasi, può fare poco, veramente poco per tali azioni : il degrado è sociale e si nota nel comportamento di come si vive una città, nel nostro caso una località turistica, e cioè con una completa mancanza di senso civico che invece fino a qualche decennio fa si percepiva in ogni angolo di scuola, nella propria famiglia, nella vita sociale, in ogni comunità, sportiva, religiosa, politica o apartitica e quant’altro, mentre oggi aleggia un profondo disinteresse per il bene comune, ma soprattutto una grande mancanza di rispetto per quello che è di altri, anche se è un bene di patrimonio pubblico. E a questo vuoto, probabilmente culturale, si è sostituito un grande macigno fatto di indifferenza e ben amalgamato ad arroganza che altro non produce se non una profonda denigrazione delle azioni migliorative che si mettono in campo sul proprio territorio. Stabilito che di gesti irrispettosi ve ne sono tanti, ma veramente tanti, e compiuti da persone di ogni fascia di età che non hanno la minima cura di ciò che viene posto al servizio di un’intera comunità, alcune osservazioni vanno però poste in rilievo su quello che non funziona.
Casetta dell’acqua e degrado ambientale
E cosa non funziona intorno alla “casetta dell’acqua” di via Morgioni, posta di fronte al piazzale dedicato a Gino Strada? ecco, cominciamo con il chiederci perchè chi è tenuto alla “cura” dei giardini si limita a tosare l’erba e abbandona gli sfalci di tale lavoro a seccare al sole in ogni angolo ed in particolare proprio in quello attrezzato ai giochi dei bambini dove si recano spesso gli stessi accompagnati dai loro genitori? tali cumuli di erba secca non sono da considerarsi dei pericolosi probabili roghi di fuoco? Sterpi isolati sono poi presenti ancora un pò ovunque ed auto in sosta da mesi non permettono neppure di rimuovere l’erba alta che comincia a tappezzare l’intera area; la situazione permane invariata da qualche mese con le temperature sempre in aumento. Ed ancora vien da chiedersi: per quale motivo restano abbandonate per così tanto tempo tutte quelle bottiglie, alcune di esse anche rotte, lattine, cartacce e rifiuti lungo i marciapiedi? non dovrebbe essere presente un servizio regolare di pulizia in un luogo di così alta fruibilità? ma in realtà di ordinario vi è veramente ben poco e le sterpaglie cresciute intorno alla casetta dell’acqua sono ormai la testimonianza di un degrado ambientale che diventa, giorno dopo giorno, a dir poco, preoccupante. Tutti vedono, tutti commentano, nessuno fa nulla. C’è veramente da chiedersi se investire annualmente diverse migliaia di euro per la remunerazione di un servizio che risulta così tanto evasivo abbia un senso. Noi siamo qui a scriverlo e soprattutto a chiederlo.
L’albero di platino e la teoria delle “finestre rotte”
A meno di un metro dalla casetta dell’acqua di via Morgioni un giovane albero di platino ombreggia una parte della zona. E’ diventato alto il bel platino, ma comincia a curvarsi perché ancora esile nella sua struttura. Il motivo è tutto riposto nella sfasciata armatura di sostegno dei tre pali posti ad incrocio che da tempo si sono sconnessi e non svolgono alcuna funzione di mantenimento del fusto. Il vento forte, speriamo non quello della maleducazione, ha svellito le assi di incrocio e viti appuntite si sono rivolte verso l’esterno, rappresentando anche un pericolo. Ma per altri, quelle viti, non lo sono, anzi, sono ritenute un valido gancio per appendervi un “profumato” sacchetto di spesa alimentare ricolmo di rifiuti di ogni genere che fortunatamente dopo diversi giorni è stato finalmente rimosso. Una situazione indecorosa che si è comunque protratta per giorni. Alla base del fusto le solite bottiglie, lattine, cartacce e qualche contenitore di vetro abbandonato restano a far compagnia al giovane albero. La situazione impone quantomeno una riflessione: perchè non si provvede a sistemare la struttura di mantenimento del fusto ricollegando le assi nella loro posizione, salvando così il giovane platano ed evitando spettacoli indecorosi? e perchè sembra del tutto mancare un servizio di controllo e guardianaggio che potrebbe debellare in poco tempo il fenomeno delle micro-discariche che crescono indisturbate? insomma, sicurezza e decoro è proprio quello che sembra non trapelare osservando lo “stato di salute” del luogo. Le amministrazioni possono ben poco sul “modus operandi” di taluni, lo abbiamo già detto, ma si potrebbe cominciare a rispondere con il riparare ciò che è rotto, come le assi che sostengono il giovane albero e con il ripulire con un certo impegno l’intera area da tutto ciò che è disperso intorno, sterpaglie comprese, eliminando ogni simbolo di degrado. Senza alcun tono di retorica occorrerebbe ispirarsi al modello ben preciso della “teoria delle finestre rotte” che molti lettori già conoscono. Teoria esplosiva esposta negli anni’80 da James Wilson e George Kelling: < prendete un palazzo con poche finestre rotte. Se le finestre non vengono riparate, i vandali tenteranno a rompere anche le altre finestre. Alla fine, potrebbero anche entrare nel palazzo e se libero, occuparlo o dargli fuoco. Considerate anche un marciapiede dove si accumulano i rifiuti. In poco tempo la spazzatura aumenta. La gente comincia anche a lasciarci i sacchetti con i resti del cibo acquistato nei bar > In pratica, una finestra rotta va immediatamente riparata e se si rompe di nuovo va riparata di nuovo. L’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani capì bene la metafora e la applicò in fretta per arrivare ad un modello di città sana. Forse, anche per noi, sarebbe il caso che l’amministrazione si adoperasse nel riparare tutte quelle piccole “finestre rotte” che rappresentano elementi disturbanti per il decoro pubblico, cominciando proprio dall’area posteriore del polifunzionale che ha bisogno di una nuova immagine di ordine e di pulizia.