La parte di via Iasolino che si estende dal sagrato della Chiesa di Portosalvo alla statua del Redentore è veramente ridotta male tra basole spaccate e “pezze di asfalto”. Diverse le testimonianze di cadute, storte e di pericoli continui.
Ennio Anastasio
Un’altra basola è andata. Si è spaccata proprio in questi giorni, completamente, ed è quella che scricchiola a toni alti con il suo classico “clip-clop” al passaggio delle auto e degli scooter. Alle altre è stata tappata la bocca con una cucchiaiata di asfalto a freddo per cercare di mettere una toppa a tutti quei dislivelli che si sono aggravati con il passare del tempo. A poca distanza, invece, ad un’altra basola è toccata la sorte di essere ricoperta completamente della stessa pasta bituminosa, già, completamente, perché si era cosi affossata da diventare un buco di una certa profondità. E così un po’ alla volta, rappezzo dopo rappezzo, il basolato di pietre laviche rettangolari che ad Ischia, in via Iasolino, congiunge il marciapiedi dal sagrato della Chiesa di Portosalvo sino alla statua del Redentore si appresta a diventare un enorme patchwork a cielo aperto con gli scooteristi intenti a fare la gimkana tra le basole sane e quelle saltellanti, costretti a tenere la vista al suolo piuttosto che alta, ed invece i pedoni che in più di un’occasione si sono trovati ad inciampare rischiando di finire sotto le ruote degli stessi. Verso il centro invece, diverse basole si sono incrinate, per l’intera lunghezza del basolato, verso l’alto, rendendo non poche difficoltà a chi deve attraversare spingendo una carrozzina. Dall’altro lato, l’esiguo marciapiedi che costeggia il Bar Calise nel punto gelateria, spinge l’enorme afflusso di turisti verso la strada dove si è andata consolidando una situazione sempre più pericolosa non solo per il profondo dislivello tra le basole ma anche per la presenza di un tombino in ferro che, oramai, a furia di essere sollecitato dal peso delle auto e dei bus spunta con gli angoli verso l’alto rispetto al normale livello stradale. Una situazione davvero pericolosa dove si può facilmente andare incontro ad una caduta o a squarciare una gomma se va bene, ed ovviamente il rimedio che si aspetta è un’ulteriore “pezza di asfalto” ma anche quella sembra non arrivare. Già, la “pezza di asfalto” una pratica veloce e indolore con la quale, in modo grossolano, si copre un po’ tutto, basole e sampietrini che invece richiederebbero una manutenzione costante e di ben altro tipo. E al riguardo, non manchiamo di dire che anche nei pressi del Palazzo Reale, la maestosa stella o rosa dei venti, presenta diversi “cerotti”: chiazze di asfalto piazzate un po’ qui, un po’ lì, per rimediare velocemente alle buche dei sampietrini che sono saltati ma niente da fare per il riposizionamento degli stessi, neanche a pagarli a peso d’oro; ma dove finiscono?
Il basolato di via Iasolino: un’opera di valore
In molti ricordano che il basolato in via Iasolino, leggermente in rialzo rispetto al livello del restante piano stradale che continua verso Piazza Antica Reggia, fu fortemente voluto e realizzato diversi anni addietro dall’amministrazione che era guidata da Giosi Ferrandino, e della quale lo stesso attuale sindaco, Enzo Ferrandino, era componente di sostegno. Un’opera intelligente con la quale si è dato valore, o sarebbe meglio dire, aumentato il valore, attraverso l’utilizzo delle pietre laviche ad una zona storica importante che andava, per l’appunto, posta in risalto, anche perché punto di sbarco di migliaia di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Parliamo di un triangolo perfetto tra la maestosa Chiesa di Santa Maria di Portosalvo edificata per volontà di Ferdinando II di Borbone nel 1854, il monumento al Cristo Redentore, nato dalla penna dell’ing. Francesco Fusco, a seguire nel lontano 1903, una prestigiosa statua in ghisa bronzata di oltre due metri che poggia su blocchi basaltici provenienti dalle cave veneziane ( abbruttita, sembra per volontà del progresso, a metà della sua altezza da anomale tabelle pubblicitarie multicolor di grosse dimensioni) e il verdeggiante platano di La Martine, bellissimo nel suo essere e fortunatamente salvo da ogni progetto di rotatoria. Un capitolo di storia che in molti ci invidiano da morire e nello stesso tempo un biglietto da visita spettacolare per accogliere chi ama la bellezza e l’arte oltre la natura fantastica della nostra isola. Ora, è sotto gli occhi di tutti, che quel tratto di via Iasolino è, come del resto l’intera strada, fortemente stressato dal continuo passaggio di auto e bus che fanno cedere le basole sotto il loro peso ma nulla, o poco quanto niente, è stato fatto in termini di conservazione dell’intero basolato per tutelare realmente con opere durature e costanti quello che si è inteso realizzare, fino ad arrivare all’attuale stato di degrado che incide non soltanto in termini estetici ma anche sotto il profilo delle mancate condizioni di sicurezza per chi transita in quella zona. Quindi siamo costretti ad accettare la chiazza di asfalto? Alla quale, chiariamo, non siamo contrari se lo scopo dell’intervento è momentaneo e destinato a scongiurare un pericolo imminente. Ma siamo tutti d’accordo che il temporaneo non può diventare il definitivo e da lì a pochi giorni bisogna ricostruire, riposizionare quello che di bello era stato realizzato non foss’altro per il fatto che le chiazze di asfalto tra i basoli antichi rappresentano uno degli spettacoli più vomitevoli nei confronti del decoro urbano e andrebbero bandite per sempre dai luoghi storici. D’altronde il gettito dell’imposta di soggiorno è destinato proprio a finanziare interventi in materia di turismo prevedendo anche interventi di manutenzione ambientale e forse, ci si poteva pensare nel frattempo si era intenti ad appendere le palle di Natale al platano di La Martine che la stagione turistica sarebbe da lì a poco ricominciata, soprattutto in quel tratto di strada con le basole spaccate e saltellanti ma invece si è sempre rimandato, di anno in anno, ed i risultati della graniglia e pece sono oggi diventati un problema serio. Forse, andrebbe messa da parte quella parola “raffazzoneria” e bisognerebbe finalmente prevedere un lavoro serio di recupero della pavimentazione esistente sostituendo dove occorre e riportare il basolato alla planarità originaria e allo splendore iniziale. Siamo comunque tutti consapevoli che stiamo perdendo un’opera bella e di pregio, perché non siamo stati in grado di conservarla grazie a scelte sbagliate, del passato e del presente e alla quale, proprio quest’estate, stiamo assestando l’ultimo colpo di grazia.