Il 10 novembre 2009 si sfiorò la tragedia. Mentre sono stati stanziati 540.000 euro per lo smaltimento del fango ammassato nel “Pio Monte della Misericoria”, il costone franoso di via Mortito che insiste minaccioso sulle fatiscenti case popolari del Quartiere di Perrone, continua a far paura. Cosa si aspetta ad intervenire? Una nuova frana?
di Gennaro Savio
Il giorno 10 novembre 2009 sarà ricordato dall’intera comunità dell’isola d’Ischia per l’alluvione che colpì Casamicciola Terme il cui centro storico in pochi minuti fu letteralmente invaso dal fango. Due furono i fronti franosi che si aprirono sulle colline che sovrastano la bella e famosa cittadina termale. Quello partito dal monte Epomeo e che è costato la vita alla giovanissima Anna De Felice, devastò completamente piazza Bagni e il copioso fiume di fango raggiunse il mare in cui scaraventò con violenza inaudita tutto ciò che trovava sulla sua strada, automobili compreso che finirono nella spiaggetta accanto al porto. L’altro fronte franoso coinvolse il quartiere popolare e popoloso di Perrone. La frana si staccò da Monte Tabor e il fiume di fango attraversando via Mortito, anche in questo caso raggiunse valle con la forza distruttrice tipica delle alluvioni. Non avendo causato vittime ed essendo che in Italia in genere si crea la notizia solo quando ci scappa il morto, di questo secondo versante franoso non se n’è proprio parlato.
Eppure la lava di fango rischiò di seppellire un intero quartiere, e precisamente le case popolari che lo Stato, e non i tanto bistrattati abusivi, ha costruito a ridosso della montagna. Come in tutte le tragedie che si rispettino, anche in questo caso intellettualoidi di ogni risma, ben pensanti di ogni genere, pennivendoli di sistema e ambientalisti da strapazzo, pur sapendo che nel caso specifico quel fenomeno non aveva nulla a che fare con l’abusivismo edilizio ma che semmai le tragiche conseguenze potevano essere limitate o addirittura evitate se fossero stati ripristinati, migliorati e adeguati ai giorni nostri, gli alvei realizzati dopo l’alluvione del 1921, approfittarono per scagliarsi con veemenza contro i poveri cristi che sono stati costretti a costruirsi la casa abusivamente dallo Stato inadempiente mentre i rappresentanti di tutti i livelli istituzionali non persero occasione per fare la consueta passerella mediatica sull’isola Verde promettendo investimenti economici di messa in sicurezza delle colline interessate dalla frana. Parole che con il temposino ad oggi si sono rivelate vane promesse. Infatti a circa un anno e mezzo dall’immane tragedia, il costone franoso che insiste su via Mortito continua a far paura e i residenti della zona temono il ripetersi di una nuova frana. La cosa che irrita di più i cittadini di via Mortito è che gli unici fondi stanziati e in procinto di essere spesi, ben 540.000 euro, sono quelli relativi allo smaltimento del fango accantonato all’interno del “Pio Monte della Misericordia”. Una cifra considerevole che sicuramente in questo caso sarebbe stato più logico spendere per tutelare l’incolumità della popolazione anziché rimuovere il fango dal “Pio Monte della Misericordia”.
Ma in via Mortito oltre al costone franoso, fa brutta mostra di se l’assurda e intollerabile fatiscenza in cui versano le palazzine delle case popolari le cui crepe e fessure scolpite negli intonaci malconci, sembrano quasi riflettere il solco tracciato dalla frana sulla parete di Monte Tabor. Lo Stato che trova con estrema facilità i fondi necessari per abbattere le case della povera gente e che piange vergognosamente miseria economica quando c’è da sistemare scuole, strade, case popolari e strutture pubbliche, troverà i soldi necessari per far vivere in sicurezza gli abitanti di via Mortito?
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