La temuta prova scritta multidisciplinare si è affrontata lunedì con non poca ansia e preoccupazione da parte degli studenti

di Ennio Anastasio

La gran parte della domenica scorsa si è trascorsa aprendo e sfogliando libri e appunti di scuola per affrontare il temuto “Quizzone” del giorno dopo che rappresenta la terza prova scritta d’esame. Il “compitone” multidisciplinare che varia da scuola a scuola e non ideato dal Ministero ma elaborato dalle  diverse commissioni d’esame non è cosa da poco perché impegna gli studenti maturandi con domande su più materie affrontate nell’ultimo anno per accertare le conoscenze e capacità acquisite dal candidato. Con grande sollievo di alunni e genitori quest’ultimo passo d’esame, molto temuto e tanto poco amato, può finalmente definirsi  una prova terminata. Già, la fase degli scritti si è ormai conclusa, la montagna, pezzo dopo pezzo, è stata dunque scalata e ci si proietta verso i colloqui orali  con l’espressione gioiosa e ricorrente “sento ormai già la libertà addosso”sulla bocca dei candidati teenagers, che dimostra lo stato d’animo con il quale si sono affrontate queste prove significative in giornate di caldo africano.

Il ” Quizzone” pronto per la soffitta, ma bisogna aspettare il 2019

Per il “Quizzone” questo doveva essere davvero l’ultimo anno ma sembra proprio che la riforma proposta dal Miur : “Due prove scritte e un colloquio orale” con l’introduzione del test Invalsi da affrontare nell’Aprile del quinto anno – questo in sintesi il nuovo esame di Stato – slitti con le sue novità e cambiamenti al 2019. Prima di chiederci cosa ha spinto ad eliminare il test multidisciplinare (probabilmente l’immensa gioia degli studenti) sostituendolo con la prova invalsi, che non farà parte dell’esame, ma andrà svolta durante l’anno scolastico e che comunque sarà ritenuta indispensabile per poter essere ammessi alla maturità, occorre una dovuta riflessione su questa scelta che, diciamolo pure, può essere definita una sorta di “alleggerimento” della prova di esame. In altre parole, è giusta l’introduzione del test Invalsi, previsto dal decreto attuativo della cosiddetta “buona scuola” che sostituisce l’odiato e temutissimo “quizzone” ? comunque parliamo di un nuovo ma pur solito solito questionario, seppur ristretto alle materie italiano e matematica ed in aggiunta un test di inglese, quindi la domanda qual è? vogliamo dare più importanza ad una prova di esame con tanto di commissione esterna o invece riteniamo più appropriato giudicare uno studente quasi alla fine del suo percorso didattico conoscendone meglio la personalità, i limiti, la competenza? insomma le novità annunciate nella riforma rappresentano la risposta a coloro i quali chiedono da tempo un abbassamento dell’ostacolo agli scritti, ritenuto troppo duro in sede di esame,  o proiettano il mondo scuola in una visione più moderna e consona ai tempi che corrono? certo, volendo ricorrere ai dati non possiamo tralasciare lo studio- dossier  pubblicato proprio da poco dall’Ocse secondo il quale i ragazzi che oggi si diplomano sono meno preparati di quelli che hanno sostenuto l’esame di Stato verso la fine degli anni novanta. In pratica ciò che risulta dalle rilevazioni è una migliore preparazione di quarantenni e cinquantenni di oggi  che sembra proprio ne sappiano, in termini di cultura, più dei loro figli ed il fenomeno non è solo circoscritto alla penisola. Sempre chi ha curato lo studio, attribuisce una buona parte della colpa al generale declino della qualità dei programmi dei sistemi scolastici, ritenuti superati  e antiquati e non più consoni alle competenze che il mondo del lavoro oggi richiede. Ed allora a cosa serve accendere e puntare i riflettori  unicamente sull’esame di maturità,malato o meno di buonismo, per dare l’impressione  di un vento di novità, discutere se sia più qualificante la prova “tosta” di giugno o quella più “dolce” intercorso,  quando i modelli formativi presenti nella scuola sono dei vecchi dinosauri difficilmente, ma davvero tanto, schiodabili ?

Maturità oggi, serve per accedere agli Atenei?

Corsi formativi a parte, valorizzazione e potenzialità nel lato, viene da chiedersi a che cosa serve oggi la Maturità. Tutti vi accedono, tutti affrontano l’esame di Stato: chi un pò nel buio,chi facendo affidamento sull’effettiva preparazione, chi organizzando geometricamente in aula la disposizione dei compagni – quelli più bravi – per avere l’aiutino, e ci sta, ci sta davvero tutta, per carità, chi non è stato studente? ma dobbiamo chiederci se questa ambita maturità non sia soltanto una semplice consegna di un titolo. Certo, chiude un lungo ciclo di studi dei ragazzi, un percorso di grande importanza, anche sociale, svolto con assiduità e che dovrebbe approdare in qualcosa di solido. Ma forse questo titolo, oggi probabilmente troppo alla portata di tutti, sebbene sembra ancora essere considerato il frutto di una prova difficile, una delle più importanti della vita, rischia di diventare un semplice foglio di carta di scarso valore. O lo è già?  Di certo, alla maggior parte degli Atenei italiani la maturità non è di peso fondamentale per selezionare le loro future matricole e volendo farla breve gli stessi preferiscono tener conto dei risultati dei test di ammissione, da svolgersi ancor prima dello stesso esame scolastico, per valutare la preparazione di coloro che intendono iscriversi  ad un corso universitario. Ed allora, se gli Atenei con coro unanime preferiscono valutare in proprio le capacità di ogni singolo studente, ritenendo che il loro metodo sia uno strumento più affidabile del risultato che esce da una commissione esaminatrice, cos’altro ci rimane da dire su questa maturità e sulla riforma che vuole cambiarla?