Sbagliare nella costruzione di una strada, di un marciapiedi è già grave di suo, sbagliare nell’opera di un restauro è come oltraggiare la storia, è quasi lasciare la firma di un crimine, un crimine all’arte.

di Ennio Anastasio

Adesso possiamo stringere un gemellaggio con gli abitanti della città  di Villamartin in Andalusia, con più profonde relazioni di amicizia e fratellanza. Le relazioni possono nascere per simpatia, per interesse, per amore, ma anche da un dolore. Ecco, questo è il  nostro caso: il dolore.  Anche noi,  infatti, come i cittadini andalusi, abbiamo subito, inconsapevolmente, un “restauro Frankenstein” cioè un grande dolore, che purtroppo ci accomuna. Loro, gli andalusi, sono stati “beffati” dal restauro attuato al Castello di Matrera, quello che storici ed esperti hanno definito “un autentico disastro” noi, ischitani, siamo stati colpiti all’arco “la corrente” del pontile Aragonese, un colpo basso ma violento, attraverso il quale lo splendore architettonico di un perfetto disegno geometrico che si china dolcemente verso il mare  da seicento anni è stato deturpato con delle pietre segate industriali  di infimo valore che si utilizzano nelle pavimentazioni esterne delle Metro, appiccicate con del cemento biancastro, ed in più, maldestramente, il tutto in una cornice storica che non reclama vendetta, ma giustizia e rispetto. Al giornalista e architetto Oliver Wainwright che lo ha coniato in occasione del disastroso restauro al Castello andaluso chiederemo di poterlo utilizzare. Ecco, sì : “restauro Frankentein 2”  è il nome più appropriato ed è il giusto collante di questo profondo legame che può nascere dal dolore tra Ischia e Villamartin. A nostro avviso sbagliare nella costruzione di una strada, di un muro, o di un marciapiedi spendendo soldi pubblici, cioè della collettività è già grave di suo, sbagliare un restauro è come oltraggiare la storia, è quasi un lasciare la firma di un crimine, un crimine all’arte. A chi ha fatto di suo operandosi nel “restauro” di quell’arco antico sul pontile desideriamo girare un insegnamento in segno di apprendimento, quello del noto architetto Renzo Piano che non si sottrae mai dall’ indicare una strada ai suoi giovani talenti: “una volta costruito non puoi tornare indietro. Lo scrittore può riscrivere una pagina, noi no”.  Ma il punto che desideriamo affrontare alla luce di tali avvenimenti è quello di chiederci se tanta superficialità che ha condotto a questi risultati sul pontile Aragonese poteva evitarsi, che ci conduce inevitabilmente a riflettere, e seriamente, sul ruolo di questa classe dirigente che siede nel Consiglio comunale d’Ischia.

Le battaglie che noi conduciamo non possono scivolare pericolosamente nel silenzio

Dobbiamo partire dal presupposto che la vicenda del restauro del pontile Aragonese, che si protrae ancor più  infelicemente con l’arco “la corrente” è partita male sin da subito. L’attacco all’antico pontile inizia in una mattina dello scorso anno quando, alle prime luci del giorno, con dei martelli compressori venivano saltate le pietre quadre di piperno che coronavano i muretti laterali. Alcune si frantumano sotto i colpi incessanti, altre cadono sugli scogli sottostanti e si spaccano. Nessuna preventiva numerazione e catalogazione delle antiche pietre era stata effettuata, quella che di norma si esegue in un intervento di recupero per le opere storiche. Lungo il ponte alcune balle cellofanate con al di dentro pietre segate industriali aspettano di essere aperte. Il disegno diventa chiaro a tutti, saranno quelle a sostituire le antiche pietre quadre di piperno, quelle che hanno un valore storico ma che invece  vengono accantonate in un enorme mucchio con altri residui come il materiale di risulta del più subdolo cavalcavia di una strada qualsiasi. L’opinione pubblica insorge e  le grida dei cittadini che litigano con gli operai arrivano dal ponte fino al palazzo municipale. Intanto il vecchio pontile Aragonese sembra essere stato bombardato,  mutilato in molti sui punti appare come un luogo di guerra, forse lo è. La spiegazione a questo scollamento tra cittadini e potere istituzionale non può che trovarsi nella direzione politica intrapresa ed è qui che subentra il ruolo dei consiglieri. Ci chiediamo se queste persone abbiano veramente a cuore il territorio che rappresentano, per il quale dovrebbero dedicare tanto del loro tempo, dovrebbero visionare, ascoltare la gente e quindi indirizzare la politica amministrativa sulla strada giusta che risponde alle necessità della comunità che essi rappresentano. Un controllo attento dovrebbe provenire da coloro i quali formano l’opposizione in aula consiliare. Anch’essi rappresentano una cospicua parte dell’elettorato che li ha condotti su quelle sedie. Si sarebbe dovuto convocare nell’immediatezza dei fatti un consiglio comunale sull’argomento “Pontile Aragonese” e magari anche d’urgenza? non ne abbiamo avuto menzione, così come non sembra  che siano volati gli stracci tra opposizione e maggioranza. Un vuoto politico ad un atto di vandalismo non può essere la risposta che i cittadini attendono. La politica non è un mestiere, la politica è difesa del territorio, è impegno per provare a costruire e non distruggere, è servizio per il bene della collettività. Riflettendoci, come è strana questa storia : i ponti nascono per unire e non certo per dividere, e soprattutto vanno progettati e non deturpati.

Vi sono opere che richiedono le competenze adatte e non l’improvvisazione.

 Progetti di restauro ad opere di così alto valore come il Pontile Aragonese richiedono, a giusta ragione, cospicue risorse. Il MIBAC per il biennio 2019-2020 ha sbloccato risorse per euro 180.000.000 di cui euro 48.400.000 circa proprio per i beni storici e culturali. Con le risorse appropriate l’affidamento può essere messo nelle mani di imprese costituite da valenti restauratori in possesso dei titoli abilitativi. I comunicati del Comune d’Ischia parlano di uno svolgimento dei lavori  che avvengono sotto “l’attento controllo della Soprintendenza” come a dire : “guardate, controllano loro”. Può ritenersi una giustificazione plausibile? non è un pò come dire: “abbiamo affidato il paziente ad un esperto medico che in scienza e coscienza sta facendo quello che gli pare più giusto.” – Già, ma se il paziente muore – come sta accadendo – quale sarà la risposta? –  forse una del tipo: ” beh, pazienza la colpa non è la nostra”. Non ci stiamo, ed a questo punto, tiriamo un pò di somme: molti parapetti del pontile Aragonese non hanno ricevuto le pietre di coronamento che sono  invece ben visibili nella poca profondità del mare sottostante e non si dovrebbe perdere ulteriore tempo per recuperarle. Il lato di ponente dell’arco “la corrente”, in particolare “le spalle” di entrambi i lati che reggono lo stesso pontile, versano in condizioni davvero precarie, esteticamente sono orribili da vedere e molto probabilmente molte antiche pietre di piperno andranno giù con la forza del mare di quest’inverno. Intanto il lavoro effettuato all’arco, dal lato della baia di Cartaromana, può definirsi soltanto uno spregio dell’aspetto originario dell’opera, un lavoro maldestro e null’altro. Vogliono i consiglieri di minoranza chiedere in fretta un’interrogazione su quello che sta accadendo e su quale sarà il prossimo futuro dell’antico pontile, sulla base di tali  precedenti tragici? in quali mani sarà affidato quel futuro? andrà via quell’accozzaglia di pietre pavimentizie con le quali si è  imbrattato l’arco antico ? Abbiamo subito un atto vandalico ad una cosa a noi cara e siamo qui a scriverlo, a replicare. Non c’è solo il diritto di replica ma vi è anche un dovere di replica. Noi non ci sottraiamo, lotteremo per il nostro patrimonio. Non possiamo far finta di non capire e aspettiamo atti di coraggio, non che qualcuno ci dica che la cura non ha funzionato e che il paziente è morto.

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